Correre sulle acque? Il "miracolo" della Dead Sea Marathon
La Dead Sea Marathon è la corsa più bassa del mondo, ben 420 metri sotto il livello del mare, in uno scenario unico. E si trasforma in una vera e propria festa per runner e famiglie
Lorenzo Franculli
“Correre sulle acque”? In Israele (e dove se no) si può. Ma riferimenti al Vangelo a parte, in questa storia di sport e passione non si tratta di certo di un miracolo. Ma di una possibilità reale che, una volta all’anno, viene concessa ai runner di tutto il mondo. Dove? Sul Mar Morto, per una maratona unica per scenario e fascino. Ma andiamo con ordine. E pigiamo il tasto rewind per raccontarla.
La terza edizione della Dead Sea Marathon, che si è disputata il 4 febbraio scorso, riconosciuta dalla World Long Distance Running Association AIMS e dall’Israeli Athletics Association, è la più “bassa” al mondo. In nessun altro punto sulla Terra si può correre a 420 metri sotto il livello del mare. E in nessuno altro posto si gareggia (praticamente) in mezzo al mare: sull’argine che circonda la sponda meridionale del Mar Morto e che rappresenta il confine naturale tra il lato israeliano e quello giordano. Il programma ha visto svolgersi la 5 e la 10 km, la mezza maratona (21,1 km), la maratona e la Ultra marathon (50 km). Punto di partenza e di arrivo, la spiaggia di Ein Bokek. Ma è il percorso il vero pezzo forte delle gare: si corre su una superficie piana, un mix di terra, asfalto, sale, per nulla liscio ma a gobbe. Qualcosa di adrenalinico, insomma. E unico. Perché solo una volta l’anno, la Dead Sea Works che è proprietaria dell’area, permette l’uso delle sue dighe per scopi sportivi, la maratona appunto. Normalmente infatti, solo i dipendenti dell’azienda possono percorrere questi terrapieni.
Ma per un giorno, gli oltre 6000 runner iscritti alla Dead Sea Marathon hanno avuto il privilegio di godersi un palcoscenico mozzafiato. Perché correre a pochi metri da acque color turchese e gli antichi cristalli di sale è qualcosa che fa bene agli occhi e allo spirito. Ma è proprio questo il Dna della gara: al di là dell’agonismo e della voglia di lottare contro il cronometro, è la voglia di divertirsi e di stare bene insieme quello che spinge i partecipanti. E allora, c’è chi gareggia con un’ananas in testa e chi con i passeggini. E poi ecco le parrucche, gli occhialoni strambi e i look più bizzarri. Insomma, una maratona che si trasforma in una festa, per famiglie e non solo. Bello così.
Ma divertimento a parte, correre o anche solo passeggiare a oltre 400 metri sotto il livello del mare è un toccasana per il corpo. Qui si respira aria ricca di bromo (20 volte superiore al resto del Pianeta) che è noto per gli effetti antistress e quindi rilassanti sul sistema nervoso. E qui, è stato accertato, la saturazione di ossigeno nel sangue aumenta sensibilmente. Insomma, sia persone soggette a disturbi soprattutto respiratori sia quelle più sane migliorano la capacità polmonare. Ed è un valore aggiunto. Ma c’è di più. Perché dopo lo sforzo fisico ci si può dedicare nelle piscine delle moderne strutture ricettive che costeggiano Ein Bokek ai fanghi del Mar Morto famosi in tutto il mondo, i cui benefici sono molteplici. I fanghi, soprattutto quello nero, sono sedimenti alluvionali ricchi di minerali e saturi di componenti sulfurei che conservano il calore e, spalmati sul corpo, purificano la pelle e alleviano i dolori reumatici collegati all’artrite.
Israele, in questi anni di pandemia, è stato tra i primi a puntare sulle vaccinazioni di adulti e adolescenti. E tra i primi a uscire dall’emergenza e a puntare sulle riaperture dei propri confini a turisti, sportivi e non. Qui, chi scrive lo può testimoniare, la voglia di vivere nella normalità è forte. Le regole per sbarcare nel Paese sono severe e chiare. Ma seguirle ne può valere davvero la pena perché correre sulle acque nel posto più basso del mondo e, contemporaneamente, migliorare la propria salute è un’opportunità unica che solo qui si può avere.